Quando il turismo coniuga marketing, storytelling e video: il caso di Antiche Dimore Fiorentine

Antiche Dimore Fiorentine - i sei personaggi

Il mio lavoro è legato al marketing/consulenza nelle ricerche di mercato, il mio secondo lavoro (nonché hobby!) è il video editing. Ed è da qui che è nato, assieme a Claudio Bonoldi e al team di NEKOvisione, il progetto per Antiche Dimore Fiorentine (www.antichedimorefiorentine.it).
Si è trattato di un progetto di “riposizionamento” sul mercato: un insieme di B&B e appartamenti nel centro di Firenze che desideravano presentarsi in modo nuovo, originale, possibilmente non convenzionale. Avevano notato un nostro video, ci hanno chiesto qualcosa di simile, come approccio.

Ed ecco cosa abbiamo deciso di fare, riassunto in 10 punti chiave:

  1. abbiamo fatto una analisi desk dell’offerta ricettiva di Firenze, al fine di individuare le opportunità per Antiche Dimore Fiorentine
  2. lo story-telling è da subito emerso come il percorso da intraprendere, in particolare attraverso il video
  3. oltre al nuovo sito per le strutture, abbiamo deciso di realizzare dei brevi cortometraggi di qualità massima (dando per scontato che oggi il video, on line, la fa da padrone – ma non il video amatoriale!)
  4. il registro comunicativo scelto è legato all’ironia, soprattutto attraverso i video: per fare solo un paio di esempi, i Monty Python o Grand Budapest Hotel sono stati per noi grandi fonti di ispirazione!
  5. ogni video è stato appositamente studiato da un punto di vista di marketing/target: sei diversi protagonisti riflettono i sei motivi principali per cui i turisti visitano Firenze e scelgono Antiche Dimore Fiorentine come loro sistemazione: il cibo, il vino, l’arte, l’artigianato/shopping, la moda, la vita notturna
  6. i sei personaggi hanno un nome, una storia, persino dei ritratti esposti (come i veri nobili!) presso le dimore stesse: venite a scoprire David Fetta, Philippe Braverio, Farina de’ Cantucci, Donald Rump, Brunello della Rovere, Miranda Gristly (eheheh anche i nomi sono stati oggetto di lunghi studi!)
  7. il ruolo dei sei personaggi non si esaurisce con i video, anzi: ciascuno di loro è responsabile di una sezione del blog, dove illustrerà con regolarità il meglio di Firenze, naturalmente relativo al proprio ambito… Florence at its best! (e lontano dalle solite rotte turistiche – il nostro obiettivo è che il turista lasci da parte la Lonely Planet e si fidi dei nostri personaggi, che conoscono Firenze nella sua autenticità)
  8. per la realizzazione dei video, ci siamo concessi l’onore di girare con ottimi attori professionisti e presso alcune location esclusive: abbiamo persino girato una scena presso Luisa Via Roma, ed abbiamo avuto l’onore di avere una attrice che ha fatto parte del cast de “La Grande Bellezza” di Sorrentino 😉
  9. ogni aspetto del progetto (nuovo sito, nuovo logo, nuovo payoff, nuova grafica per i social, alcune nuove fotografie, nuovi video) è stato studiato ad hoc, anche per favorire la coerenza interna tra le varie parti
  10. Antiche Dimore Fiorentine si pone dunque in un modo nuovo/distintivo: quale albergo può vantare simili cortometraggi artistici? Dove trovare un blog che (grazie al meticoloso lavoro di cui si occuperà in particolare Federico Fragasso) illustri il meglio di Firenze per i propri ospiti? Ah a proposito… ogni post entrò breve conterrà, al suo interno, un codice sconto per una prenotazione presso Antiche Dimore Fiorentine…  se passate da Firenze, vi consiglio di prenotare e aggiudicarvi lo sconto, basta comunicarlo al telefono, all’atto della prenotazione 🙂
    Entro breve i codici saranno online!

Ecco qui un video di esempio: il grandissimo David Fetta, re delle notti fiorentine! (gli altri li trovate qui)

 

Easyfood Trenitalia: 3 euro, affarone per il junk food

easyfood trenitalia andrealombardi.com

Trenitalia, sui treni alta velocità, ha attivato una imperdibile promozione nel periodo 8-30 giugno: qualsiasi menu al costo di 3 euro.

Quindi uno sconto minimo sul menu colazione, enorme sul menu pasto completo.

Una volta partito il treno (scrivo dal Frecciarossa diretto Mi-Roma), passa la hostess a lasciare i volantini, a ciascuno (a me l’ha sbattuto sul computer: della serie, lo DEVI leggere).

Non ho mai visto così tante persone richiedere i menu. Mai.

Tutti felici della scelta, almeno nel momento in cui pagano.

Tutti o quasi optano per il menu completo, il pasto anche se siamo in orario colazione.

Poi, la delusione.

Sia a livello di forma (su cui posso valutare), che di gusto (su cui ho valutazioni indirette).

La forma è a dir poco pessima. Si riceve un sacchetto di carta bianco/verde chiaro enorme, bello ciancicato, dove dentro ci sono un insieme indistinto di cose confezionate. Un succhino dal brand mai visto, un set di tramezzini con elevatissimo numero di ingredienti con codici che manco un ingegnere, un pack di plastica che racchiude un formaggio, dei cracker, un pacchettino di salatini.

Ma anche la sostanza non pare il top, anzi… Io per fortuna non lo ho preso. Ma ho visto facce schifate, molti avanzi, addirittura un manager che lo ha aperto, lo ha guardato, lo ha richiuso, lo ha lasciato lì. Unica consumazione: l’acqua Vitasnella, per 3 euro. Affarone!

Quel che trovo ancora più sconcertante, è che #Trenitalia è sponsor di #Expo2015, e che qui si parla di cibo… ma non mi pare proprio in ottica di qualità. Almeno stando alle facce di chi lo ha preso.

Provate, e fatemi sapere!

Il futuro della musica è adesso – riflessioni dalla SMW Milan

 

spotify andrealombardi.comQualche ora dopo i 30 pezzi (e i 4 milioni di views) presentati da Jovanotti per il suo nuovo album, alla Social Media Week di Milano si parla del futuro della musica, in compagnia di ottimi e autorevoli personaggi. Il futuro, o meglio il presente della musica, come ormai le tecnologie, la rete e le cuffie alle orecchie dimostrano.

Un mercato che sta attraversando una rivoluzione epocale, se è vero che sul palco la fa da padrona un player (Spotify) che poco più di due anni fa, in Italia, non esisteva. Ed oggi invece si fa portavoce di un trend che emerge sempre più: lo streaming aumenta, il download (sì, anche quello illegale) indietreggia. Troppo sbattimento mettersi a scaricare, quando la musica è lì, pronta, e anche gratis. YouTube docet. Ma queste sono cose che sappiamo, o meglio, che chi segue i mercati ormai vede e capisce… persino dai nostri focus group emergono con chiarezza!

All’incontro si parla quasi più di scenari e “tattiche” di marketing che non di musica, di profili social e foto si Instagram che non di basso o chitarra… quasi come se il gioco, la visibilità, il successo degli artisti stessi fosse ormai in mano a quello… In fondo, Mecna lo ammette chiaramente: “lo scenario è sempre più competitivo, quel che fa la differenza sono le idee!” (ah comprate il suo nuovo disco, lo ha detto durante la conferenza – ma questa frase non stride con il dilagare dello streaming?). L’idea prima del prodotto, o per lo meno assieme.

Mi colpiscono poi due riflessioni:

– in un mercato nuovo, digitale, dove lo streaming e la rapidità sono tutto o quasi, che senso ha oggi continuare a vivere la propria arte sotto forma di “disco”, intendendo con ciò un insieme di canzoni (spesso 10-15) unitarie, con una grafica (magari un CD o addirittura un vinile!)? Non è anche questo un qualcosa che dovrebbe cambiare radicalmente? Perché tutto questo attaccamento all’idea (forse vecchia) dell’album, quando poi l’ascolto è per pezzi?

– sento dire che le vendite dei CD sono in aumento sui target 11-18, ma giustamente qualcuno ha chiesto: “e dove li ascoltano, se ormai anche i computer li vendono senza lettore CD/DVD?” La risposta è mitica: NON li ascoltano, ma sono oggetti che rappresentano il proprio amore per il tale gruppo/artista, solo feticcio da esibire, magari con tanto di firma autografa. Ok, allora apriamo un nuovo business: vendiamo i CD vuoti, che li facciamo risparmiare 🙂

 

ps: questo pezzo è stato scritto di getto sotto l’adrenalina di “girl and the sea” di “The Presets”, ovviamente su #Spotify Premium. Il pezzo è stato anche aggiunto alla playlist “preferiti”, cui prima o poi devo dare un po’ d’ordine…

Fare ricerca aiuta a “vedersi dal di fuori”

le ricerche qualitative aiutano le aziende a vedere con gli occhi dei propri clienti/consumatori

Quando mi viene chiesto a cosa serve il mio lavoro, ovvero condurre una ricerca di mercato qualitativa, le risposte potrebbero essere davvero tante, a seconda delle situazioni, del contesto, del tipo di azienda. Ma sempre più mi rendo conto che un motivo è valido per tutti, dalla piccolissima azienda alla multinazionale.

Fare ricerca significa indossare i panni altrui e vedere la propria realtà con occhi diversi, da un vertice osservativo nuovo, da un punto di vista che non è necessariamente quello che si credeva che fosse.

Più vado avanti, più mi rendo conto di come le aziende credano di sapere tutto. Realizzano loro i prodotti, conoscono perfettamente il mercato di riferimento, dunque chi meglio di loro può sapere tutto quanto? Ecco, questa è l’ottica comune, diffusa tra tutti (o quasi). Ma è proprio qui che nasce l’equivoco. Se l’azienda è perfettamente consapevole delle dinamiche di mercato, dei processi che portano alla produzione dei propri beni, delle caratteristiche dei propri prodotti… il consumatore nella maggior parte dei casi parte da un contesto, un livello di conoscenza, un background decisamente diverso.

Quanto più l’azienda dà per scontati una serie di passaggi, di aspetti e di punti di forza, tanto più il consumatore potrebbe essere influenzato da situazioni, elementi o passaggi non preventivabili, totalmente al di fuori delle logiche “interne”.  In questo senso, il mio ruolo (e quello di chi si occupa di ricerche qualitative) è quello di comprendere, “assorbire” quasi come una spugna e restituire all’azienda il modo di vivere, di pensare, di percepire il marchio/prodotto… Insomma, è necessario calarsi nei panni del consumatore, o meglio nei panni delle varie tipologie di consumatori/target, al fine di cogliere il loro modo di pensare il brand, il prodotto, il servizio.

Può sembrare banale, ma non lo è.

Questo è il motivo per cui molti clienti di aziende, dietro gli specchi unidirezionali delle sale dei focus group, iniziano in alcuni casi con un certo disappunto (“ma qui siamo fuori target, il nostro cliente non può ragionare così!”) per terminare poi con grande soddisfazione (“non avrei mai detto che la nostra clientela fosse così, questo ci è molto utile!”, “risultati molto interessanti, credo proprio che un monitoraggio del genere sia utile con cadenza regolare… ci serve per avere il polso della situazione!”)

A conferma di ciò, chiudo con una frase riportatami da un cliente, a fine focus group: “questo è un bagno di realtà!”.

Sì, la realtà che fino a qualche ora prima non avrebbero mai visto!

Verybello: con l’Expo e con il digitale non si può improvvisare

In questi giorni sulla storia di #verybello si è scritto di tutto, davvero.
Su tutti, il post che trovo meglio riassuma la situazione è di Riccardo Luna.
Ma tanti ce ne sono.

verybello senza la sicilia

Non mi ha dato fastidio il sito, nemmeno il progetto complessivo o il nome (un po’ trash, ma colpisce di certo!). Ma è la sensazione di una improvvisazione di fondo, di un progetto a dir poco fondamentale, a livello di immagine, non solo per il Paese (naturalmente, per altro in momento e tema di Expo!), ma anche per l’agenzia che ci ha/sta lavorando. Un lavoro del genere, un committente del genere, sono un valore eccezionale a livello di visibilità, un potenziale volano per qualsiasi agenzia web. Ma qui ci vedo una improvvisazione tale, che (visto che per altro l’agenzia è di amici di cari amici) non posso credere che il tutto non sia dovuto a scelte errate dall’alto. E questo è drammatico, oggi.

Come puoi presentare un sito/iniziativa simile con cartina dell’Italia mozzata e solo in italiano? Almeno partiamo dal solo inglese e mettiamo la Sicilia, su! (la sera del lancio la cartina è stata cambiata, e con essa anche l’arrivo dell’inglese, prima o poi…)

Ad ogni modo, dall’esperienza di Verybello a questo punto due cose sono certe:
1) l’agenzia che ci lavora ha a disposizione una tale quantità di consigli, spunti di riflessione e potenziali collaboratori in rete che pare quasi che questa fosse la loro strategia, sin dall’inizio (anzi, dite che questo era lo scopo, e sarete i miei MITI). Con una buona operazione di analisi qualitativa dei commenti in rete, viene fuori un redesign del sito (e della strategia complessiva) che spacca!
2) memori dell’esperienza di #verybello.it e dell’agenzia che ci ha lavorato, occorre sempre pensare a come ci si presenta online, al nostro “personal branding” in rete: essere una agenzia nel mondo digital/social e avere una pagina facebook con 56 like e un profilo twitter con 3 tweet e 30 follower, è come essere un fotografo con un book con le foto del matrimonio dello zio. Chiudeteli se non li usate!!!

Dal possesso al solo utilizzo di beni e prodotti. La rivoluzione è in atto?

C’era una volta il concetto di possedere cose. Sembra che oggi, in piena sharing economy, l’uso ma senza possesso sia sempre più diffuso, quasi fosse una moda.
Facciamo alcuni esempi.

utilizzare o possedere?

Il più semplice, per i milanesi (ma non solo!), ormai in voga da anni: il bike sharing.

Tutti o quasi abbiamo una bicicletta, ma tra furti, accessori, lucchetti, manutenzione da fare (la camera d’aria da gonfiare, il fanale sempre rotto, il sellino bucato che bagna immancabilmente i pantaloni…)… alla fine saltare sulle biciclette BikeMI è più facile, veloce, e perché no… comodo. La prendi in un punto, poi magari fai un pezzo a piedi, poi la riprendi. Insomma, un nuovo modo di girare la città in bici è possibile, per un costo tutto sommato irrisorio. Che equivale, sostanzialmente, all’acquisto di una camera d’aria + un buon paio di fanali/LED anteriore + posteriore.

Un altro esempio? Il coworking.

Pensiamo a quanto costa/costerebbe avere uno studio, per tutti coloro che lavorano in proprio. Che sia acquisto o affitto, significa spese fisse, gestione, calcoli a lungo termine… Ecco invece la diffusione -sempre più capillare, nelle grandi città- del co-working. CoWo o the Hub sono solo alcuni nomi, ma ne esistono decine, solo a Milano. Ambienti di vario tipo, con postazioni flessibili, contratti flessibili, relazioni flessibili. Puoi avere una scrivania, una stanza, un computer, l’uso di cucina, sale di vario tipo (anche per fotografi!)… insomma… non solo si ha accesso a spazi e luoghi che con un noleggio diventerebbero ancora più proibitivi, ma nasce un nuovo modo di lavorare. Non si è soli: è proprio dalla condivisione che nascono nuove conoscenze, nuove opportunità, nuove idee. In sostanza: si risparmia, e si ottiene di più.

Ancora sulla mobilità? Il car sharing.

Sono in particolare alcune città d’Italia a vedere l’incremento della flotta di Enjoy, Car2GO, Twist ed altri player che permettono di spostarsi per pochi euro da una parte all’altra della città. Lasciamo stare chi usa l’auto tutti i giorni, per lavoro. Pensiamo però alle seconde auto, quelle che vengono usate saltuariamente, quando la prima è fuori. Ecco. Avete mai provato a fare un calcolo di quanto costa, all’anno, questa seconda auto? Non lo fate, perché siamo (carburante incluso) di certo oltre i 1000 euro (polizza assicurativa + bollo + un tagliando annuale d’obbligo + carburante). Su auto di grossa cilindrata, fate anche 1500. Ma poi dovete mettere l’ammortamento del costo di acquisto del veicolo. Per cui il costo/anno sale a minimo 2000 (duemila) euro/anno. Come minimo. Sapete quanti noleggi ad uso cittadino potete fare con il car sharing, con una simile cifra annua a disposizione? Vogliamo mettere -inoltre- il vantaggio di avere a disposizione auto piccole (Smart o 500), che possono entrare in ogni zona a traffico limitato, parcheggiare su strisce gialle o blu, prenotabili tramite il click su una App? Ah ovviamente il costo di 0,25 centesimi/minuto include tutto, compreso il carburante.

Ma anche altri settori sono sempre più rivoluzionati. Pensiamo alla musica.

Molti di noi in un recente passato (lasciamo stare l’epoca di vinili e audio-cassette) acquistavano i CD. Poi arrivò l’epoca del download, che certo è sempre in voga. Ovviamente “aggratiss”. Oggi però grazie a sistemi come Spotify (ma esistono molte alternative!) la musica è tutta disponibile, in streaming, gratis e in tempo reale. Se la vogliamo sempre con noi, con le nostre playlist, su tutti i nostri terminali digitali, costa 10 euro/mese. Con il costo di 4 CD all’anno abbiamo tutta la musica che vogliamo, ascoltabile anche offline, sui nostri tablet, smartphone, computer, stereo. Molti preferiscono non possedere più i singoli CD, ma ascoltare tutto. Con innumerevoli vantaggi aggiuntivi: la musica diventa social, si scoprono gruppi/artisti simili a ciò che ci piace, ecc…

Pensiamo inoltre ai libri.

Qui il gioco si fa ancora più complesso, vista la (più che condivisibile) abitudine di molti a preferire il libro cartaceo e non digitale. Mai però ho visto regalare così tanti Kindle ed e-reader come in questo Natale. Significa che qualcosa si sta muovendo… perché leggere in digitale presenta vantaggi di vario tipo: non solo portarsi meno peso in vacanza (addio rinunce a libri voluminosi in viaggio, o addio libri pacco dovuti a scelte sbagliate!), ma anche poter cercare concetti, parole, frasi di libri letti in passato, fare annotazioni o sottolineature digitali, leggere gli stessi libri da tecnologie differenti… Ma attenzione: per il lettore accanito, una rivoluzione è già iniziata: come per la musica, è possibile attivare un piano mensile (sempre ai fatidici 9,99 euro/mese) grazie al quale… possiamo leggere qualunque libro, come se una intera biblioteca mondiale fosse nostra. Sì, ma al termine dell’abbonamento, i libri non sono più tuoi. Certo, ma vuoi mettere quel che ti rimane in testa dopo aver letto tutto quello che vuoi?

E’ indubbiamente la rete che sta agevolando simili trasformazioni, che dal mio punto di vista appaiono come sviluppi moderni, ecologici, futuribili.
Probabilmente ci sono altri settori/campi in cui questo processo sta avvenendo… attendo segnalazioni 🙂

 

ps: nessun marchio tra quelli citati (Car2GO, Spotify, BikeMI e via dicendo…) mi ha pagato per sponsorizzare tutto ciò. Ms se volessero farlo, come l’esperienza di Rudy Bandiera insegna, sono sempre in tempo!

Facebook (e non solo): dura vita per chi vuole rimanere “anonimo”

cosa succede con l'acquisizione di whatsapp da parte di facebook, all'atto pratico...

Nel corso degli ultimi anni, molti dei miei amici nonché contatti Facebook hanno cambiato nome: con aggiunte o lievi modifiche al vero nome o cognome, con improbabili abbreviazioni di vario tipo (molto di moda per le donne il nome “La”, con il cognome che diventa in realtà il nome proprio, magari anch’esso “camuffato”), ma parrebbe trendy anche una quasi completa americanizzazione del cognome… In tutto ciò, l’obiettivo è sempre lo stesso: divenire meno facilmente raggiungibili o riconoscibili da chi ci sta cercando.

Sì, perché la madre di tutti i social starebbe cominciando a stancare i più, che vivrebbero la propria privacy come compromessa (sì vabbè però allora che ti iscrivi a fare al Feisbucche?). Ma tant’è.

In questi giorni, invece, qualcosa di grosso starebbe accadendo, e forse molti di noi ancora non se ne rendono conto. Io me ne sono accorto indirettamente. Prendiamo un gruppetto di amici, tra una chiacchiera e un’altra: Alice (libera professionista nel campo della salute mentale) mi fa notare come negli ultimi giorni Facebook le starebbe consigliando una serie di “persone che potresti conoscere” che –guarda caso– sono proprio dei suoi ex pazienti (molti dei quali che naturalmente non sente/non vede da tempo, con cui mai ha avuto a che fare nella vita extralavorativa, in nessun modo, neppure avendone mai visionato i profili di alcun social). All’interno delle prime 20 “persone che potrebbe conoscere”, i suoi pazienti sono almeno 15. Quasi inquietante. Lei si rivolge a me (quasi come se io fossi corresponsabile!) chiedendo illuminazioni al riguardo.

E quindi?

Subito mi viene in mente che negli ultimi tempi tanto si è parlato dell’acquisto di WhatsApp da parte di Facebook: una di quelle notizie che colpiscono più per la somma per cui la piattaforma di “SMS gratuiti” è stata pagata, che per altro (anzi, molti di noi se ne sono meravigliati, chiedendosi il perché di una simile operazione…)

Beh… forse da questi giorni saremo in molti ad accorgercene… Accade semplicemente che di colpo siamo tutti rintracciabili -sui profili Facebook- da coloro che abbiamo nelle nostre rubriche telefoniche (che dialogano con WhatsApp e dunque con Facebook). Clienti, vicini di casa, pazienti, amanti, cugini reietti, coinquilini degli anni ottanta, donne delle pulizie, datori di lavoro, ginecologi e dentisti, insomma… tutti ma proprio tutti i contatti che “dormono” nella nostra rubrica di WhatsApp (non importa averci chattato) si presentano come “persone che potresti conoscere” su Feisbuc. E -toh che caso- potresti conoscerli davvero. E anche loro ti conoscono, ti riconoscono, e magari ti contattano. Prevedo grandi casini… alla faccia del nick inventato e “garante della privacy”!

Insomma… andando oltre, dal “mostro” Facebook + WhatsApp si acquisiranno sempre più dati di rilievo, grazie a…
sinergia tra le due applicazioni
geo-localizzazione
analisi dei contenuti dei messaggi/post e adv mirati (già… da un recente scambio con Fabio Lalli, mi pare che anche questa sia una delle direzioni…)
reciprocità, like e condivisioni

Chiamatevi pure “La Fulvia” (ogni riferimento a persone conosciute è puramente casuale!) ma per voi, o Feisbucchiani, non c’è più scampo!

10 motivi per cui Gianni Morandi è uno dei migliori social media manager in Italia (e non scherzo)

gianni morandi 2 andrealombardi.com

Può sembrare surreale, ma così non è. Gianni Morandi è un ottimo social media manager, capace di interagire quotidianamente con oltre un milione di persone. Queste le ragioni alla base del suo successo online:

1) in rete è perfettamente se stesso: si mostra in modo semplice, genuino, credibile, in perfetta sintonia con la sua immagine “pop”, con quel mix di umanità, carisma, vicinanza che da sempre ha saputo esprimere. In parole semplici (e sfruttando i cori da stadio), è “uno di noi” (o come dice lui “stiamo vicini”)

2) si diverte, e non lo fa in modo forzato. Sorride, almeno nella metà delle foto. Si vede che ormai Facebook è il suo nuovo “gioco”, all’interno del quale anche la moglie Anna è coinvolta…

3) propone post quotidiani, con costanza: aggiorna il mondo su cosa sta facendo, ci comunica le sue emozioni, svelandoci la sua quotidianità. Che non è quella di un personaggio famoso e dunque inarrivabile, ma anzi è fatta di azioni “normali”: la corsa, la preparazione del pranzo, la pulizia in giardino, il weekend fuori porta…

4) ha un approccio visivo, con scatti e video che mostrano dettagli veri, casalinghi, quotidiani, a conferma della sua semplicità e schiettezza.

5) ha un vero approccio 2.0, partecipativo: non di rado mette in gioco i propri fan, che possono addirittura comporre il suo “best of” votando da Facebook le canzoni (così ha fatto, stilando apposita classifica dei pezzi più votati… e parliamo di decine di migliaia di risposte che -dice- ha letto una per una, assieme alla moglie)

6) ha ironia e simpatia: sfida la moglie ma anche i propri fan a suon di “quanti fagioli sbuccio in un’ora”, ovvero quando Raffaella Carrà incontra Mark Zuckerberg. Per la cronaca ha perso la scommessa con la moglie, e dunque ha dovuto accompagnare il figlio a scuola.

7) è un esempio per la gente della sua generazione: usa il mezzo in modo modernissimo, ma ha ormai i suoi 70 anni. Posta da smartphone o da computer, senza problemi.

8) usa il termine autoscatto quando si fa i selfie: solo per questo merita un plauso

9) non di rado, risponde e dialoga con i suoi fan. E li manda in visibilio. Crea le cosiddette “call to action”, e risponde.

10) basta seguirlo per una decina di giorni, e hai la sensazione di conoscerlo, di sapere un po’ chi è, cosa fa, come sta… occhio, crea dipendenza 😉

NB: il sottoscritto ascolta un genere musicale che è a dir poco distante da Gianni Morandi… diciamo che l’analisi è totalmente imparziale e slegata da qualsiasi vicinanza al mondo musicale 🙂

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